Riflessione sul Triduo Pasquale e Pasqua di Resurrezione

Cristo con corona di spine“La famiglia vive la sua spiritualità essendo Chiesa domestica e cellula vitale per trasformare il mondo” (AL 324) così Papa Francesco nell’Amoris laetizia delinea la missione di un uomo e una donna che, sposandosi, intendono essere per i loro figli il grembo che li genera alla fede.
Agli inizi della cristianità le celebrazioni erano domestiche e le pareti della casa risuonavano di intensa preghiera. In questi giorni non tutti possiamo frequentare le chiese, stiamo vivendo un digiuno forzato di vita comunitaria. Sarà allora un Triduo Pasquale nel quale dovremo valorizzare, accanto alle celebrazioni condivise attraverso la TV la dimensione domestica della spiritualità. Ecco allora delle indicazioni per percepire, in famiglia o con gli affetti più cari, il profumo della Pasqua.
“Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?” (Mt 26). Può essere opportuno preparare in una stanza una sorte di luogo dell’ attesa, nel quale radunarsi con alcuni piccoli segni che possono aiutare la preghiera (un cero, un’icona, un crocifisso, una piccola tovaglia)

Giovedì Santo

“Gesù versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano” (Gv 13,5)
Quest’anno, come l’anno scorso, i sacerdoti non potranno compiere il gesto della lavanda dei piedi, ma in famiglia o con i più cari potremmo provare a raccontarci, dinnanzi a una brocca d’acqua e ad un asciugatoio,cosa vuol dire a noi quel gesto di Gesù, leggendo insieme il brano di Gv 13,3-17.
Si può concludere con la recita del Padre Nostro, invocando la liberazione dal male. Auspichiamo che questa preghiera faccia emergere il desiderio di essere in pace con tutti.

Venerdi Santo

“Gesù gridò a gran voce ed emise lo spirito” (Lc 23,44)

È il giorno della commemorazione della Passione del Signore. Ci si può radunare dinanzi a un crocifisso per celebrare: il racconto della passione e morte del Signore (Gv 18,1-19,42); l’adorazione della croce (che qui diventa personale, intima e familiare, magari passandosi il crocifisso); e una preghiera a Maria che sta con noi sul Calvario. È il momento per affidare alle sue braccia chi soffre per il contagio, chi opera per la cura dei malati, o persone conoscenti in difficoltà.

Sabato Santo

Sabato Santo“Il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra” (Lc 23,44)

Nella tradizione originaria, a cui siamo tornati, questo è il giorno del grande silenzio e dell’attesa vibrante. Gesù scende agli Inferi e libera l’umanità dai vincoli del male, dai lacci della solitudine, dalle ferite del peccato. In attesa di accedere alla Riconciliazione sacramentale, si potrà invocare insieme una vera Pasqua, un passaggio dall’incapacità di amare alla vita nuova in Cristo Gesù. Al termine tra familiari, dopo il Padre Nostro, si può consegnare a ciascuno un piccolo scritto o un simbolo in cui si rinnova la promessa di volersi bene.

Pasqua di Resurrezione

“Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli” (Mt 28,8)

Come le donne che vanno al sepolcro anche noi siamo chiamati a fare esperienza della resurrezione di Gesù. Ci si può radunare attorno alla tavola, dinnanzi alle uova di Pasqua e ad altri segni di festa e trovare tanti motivi che ci fanno esprimere la gratitudine al Padre celeste. I genitori possono fare un segno di benedizione sulla fronte dei figli dicendo: “Cristo è risorto, alleluia”, o ci si può scambiare fra chi si vuol bene. Si potrebbe poi decidere ciascuno come dare a questo giorno un sapore speciale. Un’opportunità potrebbe essere quella di telefonare e mostrare vicinanza a una persona che sappiamo sola o in difficoltà. Tutto questo non potrà sostituire a pieno la vita comunitaria, l’assenza dei Sacramenti e l’Eucarestia in particolare. Sicuramente ci aiuterà a percepire la vicinanza di Gesù e magari a sperimentare il senso più pieno della Pasqua. Abbiamo passato momenti peggiori; Impossibile non accennare la cosiddetta «Peste di San Carlo», in cui la carità dell’arcivescovo di Milano raggiunse vette altissime. Era scoppiata nel 1576, quando il santo si trovava fuori Milano. Mentre la città veniva abbandonata dal governatore spagnolo, san Carlo si precipitò a rientrarvi, mettendo a disposizione tutti i suoi beni per gli ammalati e i bisognosi. Lui stesso andava nelle case e nel lazzaretto a portare conforto. Alla raccomandazione di osservare le necessarie norme igieniche, san Carlo univa la consapevolezza che solo Dio potesse liberare la città. Confidiamo tanto nella Divina Bontà che ci proteggerà da questa calamità. La speranza non è frutto di uno sforzo della volontà, ma una virtù. È una luce nello sguardo. È la luce della Pasqua che può brillare nei nostri cuori per riversarla ai vicini e ai lontani.

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